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#2020inMusica - Album, Weeks 26/27

Tra problemi tecnici e mancanza di tempo, i recap musicali hanno subito un piccolo stop, ma solo in termini di pubblicazioni, gli ascolti non si sono mai fermati: ecco infatti la lunga lista del meglio e del peggio del mese di Giugno, con due parole su numerosi album e, per ovviare alle mancanze, una lista dei migliori singoli usciti con link alle playlist in fondo!

https://rateyourmusic.com/list/il_chie/2020-albums/ NB: Le posizioni e i rating di album già in lista possono comunque variare, in base a ascolti futuri o altre considerazioni

ERNIA – GEMELLI

L’hype abbastanza generalizzato per questo lavoro mi ha convinto a dargli una possibilità, e non sono rimasto deluso: nonostante qualche traccia che non trovo assolutamente nelle mie corde (ovvero i vari crossover più pop/indie come Superclassico, Cigni e Ferma A Guardare), complessivamente mi sono goduto questo album, tornando periodicamente sulle 2-3 canzoni che più mi sono rimaste, ovvero la fantastica Vivo in apertura, Pensavo di Ucciderti e soprattutto l’aggressiva Bugie che chiude la tracklist. Ho apprezzato molto infatti le tracce più orientate a un rap da storytelling rispetto a quelle più commerciali/standardizzate, pur venendo spesso esaltato dai versi ma ammosciato da certi ritornelli (esempio eloquente MeryXSempre). Sicuramente uno dei migliori lavori usciti in Italia quest’anno, anche se non mi fa urlare al capolavoro ha sicuramente più punti di forza che problemi. Un ultimo apprezzamento va alle produzioni, spesso e volentieri di grande qualità.

⬆ : Vivo, Bugie, Pensavo Di Ucciderti

⬇ : Superclassico, Cigni

Voto: 7+

PHOEBE BRIDGERS - PUNISHER

Una delle più belle sorprese dell’anno! Disco delizioso, maturo, dolce, che scorre con delicatezza e al tempo stesso sa colpire nel segno quando c’è da accelerare, pur rimanendo coerente nella sua atmosfera quasi “familiare”, indie folk/pop con testi di qualità e arrangiamenti colorati e emozionanti, che ti danno una sensazione di vicinanza, purezza, amicizia direi. La voce spaziale della giovane cantautrice è ben coadiuvata dall’onnipresenza di chitarre acustiche e inserita in uno scenario che svaria dalle veloci Kyoto e ICU alle più melliflue Punisher, Garden Song, Moon Song, fino alla conclusiva e orchestrale I Know The End, vera gemma incastonata in una tracklist immacolata. Fortissime, a livello strumentale, le influenze di band che hanno accarezzato il genere negli ultimi anni, come The 1975 e The National (Con cui la nostra ha collaborato recentemente e ottimamente), così come le grandi cantautrici, i cui insegnamenti sono rivisitati in chiave più “emo”, più personale e moderno, plasmando un sound che sicuramente non è il più innovativo dell’anno, ma è tra i meglio riusciti.

: Garden Song, Savior Complex, I Know The End

⬇ : Halloween Voto: 8+

NEIL YOUNG - HOMEGROWN

Poco da dire sull’immacolata carriera sessantennale (!!!) del buon Neil, che è già nella storia della musica ormai da tempo, e che nonostante l’età non smette di far uscire nuovi lavori. Homegrown è il 40esimo (!!!) lavoro in studio del cantautore canadese, ma contiene pezzi registrati intorno al 1975 che poi non hanno visto la luce ai tempi. 45 anni dopo, possiamo goderci questo classico lavoro di Neil, fusione della sua anima “da uomo solo con la chitarra” e la parte più elettrica che ha fatto le sue fortune più avanti. Non il suo miglior lavoro, ma il suo Neil Young lo ha già abbondantemente fatto. Cheers

⬆ : Homegrown, Separate Ways

: Vacancy Voto: 6.5

FRAH QUINTALE – BANZAI (LATO BLU)

Come ho affrontato questo disco: “C’è vita oltre Buio di Giorno?” Risposta: ehhh…. Non troppa… Ebbene sì, non ho problemi a ammettere che il singolo Buio Di Giorno è tuttora una delle mie canzoni italiane preferite dell’anno, lo spirito R&B e le melodie di falsetto mi hanno conquistato più di quanto potessi aspettarmi. Ma il resto? Dopo un paio di ascolti, è chiaro che c’è un pianeta su cui sta questa canzone, e forse la simpatica Le Cose Sbagliate, le altre sono su un pianeta su cui difficilmente atterrerei. Tipici testi indie “romanticoni” superficiali da impazzire, accompagnati da musiche talvolta interessanti, ma purtroppo le parole cringe di Frah coprono ciò che di buono posso estrarre a livello strumentale. Tarato per un target a cui non appartengo.

⬆ : Buio di giorno, Le Cose Sbagliate

⬇ : Lambada, Due Ali

Voto: 5

ARCA – KICK I

Il mio primo approccio con questo album, dell’artista venezuelana di musica elettronica sperimentale Arca, è stato sconvolgente: sono stato bombardato, anche troppo, da più lati dall’energia sconfinata di moltissime delle prime tracce, che sembrano uscite da una collaborazione tra James Blake e Bad Bunny (e una buona quantità di LSD). Sono arrivato a apprezzare perfino anche i tocchi reggaeton che saltano fuori su tracce come Mequetrefe e KLK, o i momenti quasi claustrofobici e “bombastic” di potenza elettronica (Riquiqui). La parte centrale del disco è forse la migliore, ospitando la maestosa e ariosa Calor, e soprattutto le collaborazioni con alcune tra le regine della musica sperimentale moderna (la mai banale Rosalìa, che anche stavolta mi conquista, SOPHIE, Shygirl). I veri punti di forza però sono la paradisiaca Afterwards, con non altri se non la divina Bjork, e la lunga conclusiva No Queda Nada, “Non resta niente”. Qualcosa mi è sicuramente rimasto invece, e mi è piaciuto. ⬆ : Calor, Afterwards, KLK, No Queda Nada ⬇ : Rip The Slit, Time

Voto: 7

HAIM – WOMEN IN MUSIC PT.III

Non tutti i singoli mi avevano esaltato, anzi: però il prodotto finale supera le relativamente basse aspettative, andando a guadagnarsi un applauso per la freschezza ed energia di pezzi come Los Angeles, The Steps (il miglior singolo), Gasoline, e la sorprendente elettronica All That Ever Mattered, grande sorpresa della tracklist. Per il resto, la sensazione è quella di compitino, nulla di brutto, nulla di eccezionale, nient’altro (oltre le tracce sopracitate) che lasci un gran segno o esca particolarmente dalla comfort zone. Senza infamia e senza lode, ma va bene così

⬆ : All That Ever Mattered, Los Angeles

⬇ : I Know Alone

Voto: 6+

GUE PEQUENO – MR.FINI

Sensazioni miste per l’ultimo lavoro di Gué: ci sono tanti bei pezzi, e tanti pezzi al limite dell’ascoltabile; ci sono feat che mi hanno sorpreso in positivo, e altri che sapevo che avrei odiato e si sono addirittura superati. I testi più introspettivi sono sicuramente più nelle mie corde (le due tracce conclusive sono l’emblema), invece le x tracce in cui si inneggia con una ripetitività fastidiosa alla DROGA, a TONY MONTANA, a SCARFACE, dopo le prime 2-3 anche basta. Sono rimasto sorpreso da quanto mi sia piaciuta Immortale, con un fantastico ritornello di Sfera e delle signore strofe di Gué, e Dem Fake, crossover con il mondo reggae portato da Alborosie. Sono rimasto sorpreso da quanto sia ormai imbarazzante Carl Brave, una volta di più. Altri punti bassi sono le strofe RIDICOLE di Lazza su Medellin, di Luché su Chico e di Paky su Ti Levi Le Collane. Stanza 106 e Ti Ricordi?, in chiusura, risollevano un disco pieno di bassi e non compensato a sufficienza di alti, fino a quel momento. La sufficienza è sofferta

⬆ : Immortale, Ti Ricordi, Stanza 106

⬇ : Chico, Medellin, Parte Di Me

Voto: 6

KHRUANGBIN - MORDECHAI

Il trio texano psichedelico Khruangbin ritorna dopo due anni e mezzo con un lavoro che racchiude dentro di sé le molteplici influenze esotiche, talvolta orientaleggianti, a volte perfino caraibiche (la stupenda Pelota) che da sempre li contraddistingue, mantenendo comunque una certa identità blues/soul, soprattutto nei pezzi strumentali (Father Bird, Mother Bird). Nonostante questo, devo ammettere che non l’ho trovato appagante come potevo sospettare conoscendo la band e avendo apprezzato qualcuna dei singoli che hanno anticipato l’album. Alcune canzoni hanno la sensazione di venir schiacciate e trascinate per molto più del dovuto, altre non davano alcuno spunto se non una certa noia crescente. In sostanza, buon disco di sottofondo, nulla più.

⬆ : Pelota ⬇ : So We Won’t Forget

Voto: 5+

PROTEST THE HERO - PALIMPSEST

Non anticipavo troppo questo album, preferendo altre band nell’ambito prog metal (o più banalmente, non li conoscevo abbastanza): e invece, è uno dei miei lavori metal preferiti dell’anno! La tracklist parte piano, dopo un pezzo abbastanza introduttivo abbiamo i due singoli The Canary (meh) e From The Sky (mooolto meglio). Da lì però si spicca il volo: performance chitarristiche immacolate, come da copione, ritmi incalzanti e varianti, arrangiamenti a tratti epici, ma la cosa più sorprendente sono le performance vocali, ovvero la cosa che più temevo mi avrebbe deluso: Rody Walker su All Hands, From The Sky, The Fireside e tante altre canzoni fa una vera e propria masterclass di voce metal melodica, condita con qualche occasionale e inatteso growl, come sulla rabbiosa Soliloquy; anche i testi sono un inatteso punto di forza di questo disco Nel complesso opera che supera ogni più rosea aspettativa, andando a avvicinare Volition in cima alla loro discografia.

⬆ : From The Sky, All Hands, Soliloquy ⬇ : The Canary

Voto: 8+

LAMB OF GOD – LAMB OF GOD

Il titolo dice già cosa dobbiamo aspettarci dal disco: solo puro, crudo, groove metal à la Lamb Of God. È il compitino? Forse. È fatto bene? Meglio di quanto pensassi: 44 minuti di fuoco, guidati dall’abrasiva voce di Randy Blythe e dai soliti riff martellanti di Mark Morton, che ospitano qualche occasionale piccola deviazione dal tema ricorrente che però è solo uno. Head-banging metal songs. I feat di Chuck Billy dei Testament e di Jamey Jasta degli Hatebreed sinceramente hanno un apporto piuttosto nullo sul prodotto finale, che ha come assoluti punti di forza Gears, la malvagia (musicalmente parlando) Resurrection Man, Bloodshot Eyes, ma soprattutto la opener Memento Mori, per la quale sono estremamente dispiaciuto sia uscita come singolo…se la avessi sentita per la prima volta al primo ascolto nel disco, sarei stato molto più spazzato via. In sintesi, classico disco dei Lamb Of God, coerente, consistente, energico, tosto, con qualche fase un pochino ridondante senza dubbio verso la seconda metà, ma non posso dire di non essere soddisfatto.

⬆ : Memento Mori, Gears, Resurrection Man ⬇ : Routes

Voto: 7.5

SAULT – UNTITLED (BLACK IS)

Chi sono i Sault? Bella domanda… Scopro tra i miei consigliati su Spotify una copertina tutta nera, con un pugno alzato, che mi intriga, inizio l’ascolto e mi informo sugli autori: sono un misterioso collettivo americano, di identità ignota, al terzo album all’attivo. Il genere? Un po’ di RnB, un sacco di sample, a tratti spiritual, a tratti gospel, senza dubbio e dichiaratamente un disco a celebrare e supportare la causa del BLM Movement, con ospiti d’eccezione come Cleo Sol e Michael Kiwanuka. Sinceramente una bellissima sorpresa, per un lavoro consigliatissimo, molto profondo e molto originale!

⬆ : Hard Life, Bow, Wildfires, Pray Up Stay Up ⬇ : -

Voto: 8

Ecco infine, in breve, le migliori tracce di fine giugno che vi consiglio e che magari vi siete persi! Per tutte quante le tracce, vi rimando alle playlist:

Week 25: le migliori Frank Carter And The Rattlesnakes – Fire (hardcore punk) A Boogie Wit Da Hoodie – Bleed (trap pop)

The Pineapple Thief – Demons (art rock/prog rock)

Anderson .Paak – Lockdown (R&B)

H.E.R. – I Can’t Breathe (R&B)

Week 26: le migliori

Tash Sultana – Greed (psych rock/blues)

Bring Me The Horizon – Parasite Eve (alternative metalcore)

Kanye West ft. Travis Scott – Wash Us In The Blood (hip hop)

Joe Bonamassa – Cradle Rock (blues rock)

Dermot Kennedy – Giants (indie pop)


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