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Il revenge porn è un problema culturale

Negli ultimi giorni è tornato centrale, grazie a un'inchiesta di Wired, il tema del revenge porn nel dibattito pubblico italiano. Purtroppo, come spesso accade, il fenomeno non si è mai realmente fermato, continuando a mietere vittime nel silenzio generale. Sono fuoriusciti alcuni aberranti screen da vari gruppi Telegram, uno dei quali conta quasi settantamila membri. Gruppi creati meramente allo scopo di scambiarsi materiale pornografico, spesso anche di minori. Leggendo la notizia, mi è tornata subito alla mente l'immagine di Tiziana Cantone, che si è suicidata il 13 settembre 2016. Diventata un meme con la ormai celeberrima frase "Stai facendo un video? Bravo". Una delle prime vittime di questo crudele meccanismo in Italia.  Uccisa dagli sguardi inquisitori, dalle risatine di scherno, dalle parole sdegnose, dai migliaia d'insulti piovuti dal web, una donna perfidamente esposta al pubblico ludibrio, messa al rogo come Giordano Bruno nel 1600. Un clima d'odio che venne alimentato perfino da molte testate giornalistiche, disposte a qualsiasi bassezza pur di racimolare qualche click facile. Le stesse che ora, sempre per qualche click, si prodigano contro il revenge porn. Paradossale, vero?  Ma perché si innesca questo devastante meccanismo? È importante partire dal presupposto che nelle scuole italiane l'educazione sessuale è pari a zero. Il paese è ancora avvolto da quell'aria di bigottismo cattolico latente, per cui la sessualità è ancora un tabù. I genitori non ne parlano, la scuola benché meno, ragazzi in fermento si ritrovano d'un tratto, in una fase tanto complicata come l'adolescenza, catapultati nella scoperta di un mondo, senza alcun mezzo per comprenderlo  e nessun punto di riferimento con cui orientarsi. Partendo da questo presupposto, è comprensibile che gran parte del paese sia ancora inesorabilmente, indissolubilmente legato a una visione della sessualità terribilmente arretrata. Basti pensare a quanto pregiudizio ci sia nei confronti dei siti d'incontri, che in sé neanche implicano necessariamente una componente sessuale, sdoganati già da parecchi anni all'estero. I frequentatori di queste app in Italia in realtà sono moltissimi, ma sono un po' come gli elettori di Forza Italia e in pubblico si vergognano ad ammetterlo, anzi, criticano aspramente chi le utilizza, per non compromettere la propria reputazione di fronte al gruppetto di amici. Per non parlare degli squallidi epiteti rivolti a chi ama il proprio corpo, e scelga liberamente di metterlo in mostra sui social. Il branco di moralizzatori del web, ha già la bava alla bocca e parte all'attacco, ringhiando nel modo più cagnesco possibile quello che ormai è diventato un tormentone, nelle sezioni commenti di questa tipologia di foto: "Troia", "puttana", "zoccola", "frocio". Molti, troppi italiani si sentono in diritto di ergersi a giudici, di urlare al mondo le loro sentenze accusatorie, come se avessero un valore universale, nei confronti di chiunque faccia qualcosa che sia un minimo al di fuori del loro arretrato senso del pudore. Il revenge porn non è altro che un frutto di ciò che abbiamo seminato con questo retaggio culturale, per cui ragazzi o ragazze bramosi di vendetta, con un click, possono rovinare una vita. Solamente condividendo una foto o un video, scattati durante l'atto più naturale e bello che ci sia, l'intrecciarsi di due corpi, l'unione delle loro anime. Bastano poche ore per far partire il sistema del fango. E quando partirà sarà già troppo tardi, i cani del web saranno già stati slegati, non aspettavano altro, ma gli effetti non si ripercuoteranno solo sui social. Se riuscissimo a estirpare la radice del problema, il revenge porn non avrebbe più senso d'esistere. Se al posto di incensare quel ragazzino/a in cerca di attenzioni, che magari non vuole neanche vendicarsi, ma è solo alla disperata ricerca di facile approvazione, lo si condannasse pubblicamente, sarebbe ancora spinto a farlo? Se il rancoroso ex, al posto di riuscire magistralmente nella sua crudele vendetta, non ottenesse altro che indifferenza di fronte a un atto sdoganato, che non reca alcuna offesa al comune senso del pudore, per cui nessuno ti stigmatizza, il problema sussisterebbe ancora? Esisterebbe ancora il termine "revenge porn"? Questo però sarebbe un processo lungo, volto a educare le generazioni che verranno, serve una soluzione immediata. Ognuno di noi può fare la differenza già da ora, basterebbe poco: dare il giusto peso alle parole, empatizzare, comprendere e non giudicare. Da cani rabbiosi ritornare a essere uomini. Di quante altre Tiziana Cantone avremo bisogno per capirlo? L'inchiesta di Wired: https://www.wired.it/internet/web/2020/04/03/revenge-porn-network-telegram/ La storia di Tiziana Cantone: https://www.ilpost.it/2016/09/15/storia-tiziana-cantone/


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