Giganti
- Alfonso Cacciapuoti
- 6 giu 2020
- Tempo di lettura: 4 min
"Dunque, ripetiamo ancora una volta. Le va? Dobbiamo rivedere degli errori e beh... È ancora tutto così surreale."
"Glielo spiegherò di nuovo agente, fino a quando non mi crederà del tutto" e mentre pronunciava queste ultime parole lasciava la gamba a singhiozzare per il tremolio. Lo sguardo fisso sull'agente di polizia e le mani congiunte per cercare di placare l'ansia.
L'agente sospirò e con lo sguardo abbassato sul foglio, cliccò di nuovo il pulsante della penna per sfoderare l'inchiostro.
"Dove si trovava al momento dell'incidente?"
"In auto, stavo guidando per andare a casa di amici."
"Ha fatto deviazioni rispetto al suo solito percorso?" "Sempre la stessa strada, ma le ripeto, c'era il vento forte questa sera ed è stato questo a preoccuparmi."
"...si, si. Un attimo che ci arriviamo. Mentre lei si recava a casa di questo suo conoscente, ha visto un'ombra 'non come le altre, ma dalla forma antropomorfa', giusto? Mi ha appena detto così."
"È così. Confermo. Era un'ombra anomala, si era allungata ben al di sopra del ponte della ferrovia, dove sono sicuro ci siano almeno altri 3 metri di altezza rispetto a quelli normali."
"Quindi è stata quest'ombra a destarle preoccupazione?"
"Sissignore. E poi c'è quella cosuccia del vento..."
"Ecco, appunto. Perché secondo lei il vento dovrebbe essere di fondamentale importanza in questo caso?"
"Perché loro si manifestano soltanto in queste condizioni, mi sembra ovvio."
"...e quindi eccoci a 'loro'. Può ripetere, per favore, di chi sta parlando? Per essere sicuri di aver scritto bene nel rapporto, non per altro."
"I giganti."
"I giganti."
"Sissignore, cosa avrebbe dovuto essere quell'ombra strana e lunga sul ponte? Solo un gigante poteva nascondersi lì dietro!"
"La fermo un attimo. Io non credo di essere un esperto, ne tantomeno uno stupido. Lei non ha visto un 'gigante', ma un'ombra di un gigante?"
"E cosa avrebbe dovuto essere sennò?"
"E glielo sto chiedendo. Capisce la differenza tra ombra dell'oggetto e l'oggetto stesso? Magari il vento forte ha fatto scuotere delle piante lungo la strada e l'ombra che si è venuta a creare l'ha fatta impressionare."
"No, agente. Non ci sono alberi lungo quella strada."
"Si, era per dire... Magari poteva essere qualsiasi altro oggetto che a causa del vento le abbia dato l'impressione di vedere un... gigante." "L'ha detto, vede? Ha appena detto che ho visto un gigante e non un'ombra."
"Si, ma ho detto impressione..."
"Non ha importanza. Anche perché l'ombra si muoveva di continuo diventando sempre più piccola."
"E questo non fa che avvalere l'ipotesi che il vento stesse muovendo qualche cosa, non crede?"
"E allora mi spieghi almeno il rumore dei passi."
"Il rumore dei passi!?"
"Si. Erano veri e propri tonfi, come qualcosa di veramente pesante che cade a terra."
"No, aspetti. Lei solo ora mi sta raccontando di questi passi. Perché non me l'ha detto anche prima?"
"Avevo paura non mi credesse e l'ho tenuto in serbo per questo."
L'agente lo guardò esterrefatto mentre sistemò di nuovo la fila di fogli per riscrivere il rapporto per l'ennesima volta. L'uomo sembrava agitarsi sempre di più ad ogni particolare rivelato.
"Signore, lei mi deve dare una mano. Come posso scrivere una cosa del genere? Sa che nessuno la crederà? Mettiamo caso che io ora mi fidassi di questa sua versione. Poi gli altri chi li convince? Capisce che sembra di star scrivendo una favola per impaurire i bambini?"
"Agente, mi creda. Perché dovrei inventarlo?"
"Non lo so. Magari al pronto soccorso non hanno rilevato un disturbo post traumatico ed ha solo delle immagini soffuse. Facciamo così, cambiamo la versione in una cosa più credibile?"
"No, no e ancora no! La mia versione è questa qui e non mi smuoverò per niente e nessuno al mondo."
"Signore, stiamo parlando di giganti."
"E con ciò?"
"E con ciò!? Signore! I giganti non esistono!"
"Solo perché non ne ha mai visto uno! Sono terribili e vogliono farci solo del male! Se non fosse stato per loro non sarei neanche qui a discutere sul perché sono andato a finire contro il muro."
"Magari si è distratto, no? Può succedere a tutti quando si guida. Guardi che se è per un problema di assicurazione o altro, le ripeto che possiamo anche solo-"
"Mi ascolti, agente. Sono stato spinto."
"Probabilmente era il vento forte."
"Preso a calci nel paraurti di dietro"
"Ma non ci sono danni significativi, ha avuto una collissione anteriore col muro."
"Magari ha usato un po' di delicatezza e ha usato meno forza per farmi sbattere."
"...può bastare così. Vuole i giganti? Le daremo i giganti. Lei è in evidente stato confusionale, se non c'è altro la pregherei di uscire da quest'ufficio."
"Non mi mandi via, per favore! Loro sono ancora lì fuori e non la smetteranno di darmi la caccia dopo stasera!"
In quell'esatto momento l'agente si sentì stringere il cuore nel guardare le lacrime bagnare il viso del povero interrogato. Avrebbe voluto dirgli qualcosa, ma proprio nulla gli usciva dalla bocca. Solo vari sospiri si abortirono in fondo alla sua gola. Del resto, non capitava mica tutti i giorni di stilare rapporti di quel tipo e con quel tipo di gente.
"Senta, signore... Va bene. Scriverò della sua versione. Crederemo ai giganti se è ciò che vuole. Mi dispiace che lei si senta così..." e lo guardava piangere e singhiozzare mentre l'uomo si avvicinava a lui a braccia aperte in segno di abbraccio.
"...si senta così a causa... A causa dei giganti. Faremo il possibile."
"Agente!" urlò, "Io ho paura!" e nel mentre si dimenava verso l'uscita dell'ufficio. Per il poliziotto fu uno shock emozionale e non si sarebbe mai aspettato di sentirsi così empatico alla fine di quella conversazione. Spinto da chissà quale forza, si avviò a rincorrere l'uomo.
Giunti verso l'uscita, con il vento che soffiava forte, l'agente si propose: "La accompagnerò a casa, se non ha problemi al riguardo. La proteggerò da questi giganti che le danno la caccia."
Il signore si voltò ancora con le lacrime agli occhi e indicò con un dito il suo lato destro.
Da lontano, un vento ancora più gelido iniziava a spazzare via la polvere da terra e, ad intervalli quasi regolari, dei tonfi sordi e secchi parevano avvicinarsi sempre di più, con l'aumento del volume ad ogni secondo.
L'agente iniziò a tremare e mise mano alla custodia della sua pistola lungo il fianco; il vento gli faceva fuoriuscire le lacrime dalle sue orbite e lentamente si voltò verso il luogo che aveva indicato il signore poco prima: un'ombra grande e grossa cadeva dritto sui suoi piedi e man mano si rimpiccioliva sempre di più, lasciando spazio ad un buio che sembrava quasi inghiottirlo.
"Signore!" gridò l'agente sfilando la pistola con le mani tremolanti: "Ho paura anche io!" e nel mentre alcune lacrime scendevano lungo il suo viso.
Comments