I Giugno (Razan Al-Najjar)
- Antonio Giannotte
- 10 giu 2020
- Tempo di lettura: 1 min
China su un corpo
mutilato,
uno dei tanti
in questa striscia,
cerco le ferite
da ricucire
in questo lembo di sabbia.
Urla di dolore.
Non le ho studiate in città,
quando vedevo
gli occhi di mio padre
e il sorriso di mia madre
che mi immaginavano
in un ospedale a Tel Aviv.
Mamma, papà, io volevo solo
mettere una pezza
ad un'umanità
fatta a brandelli,
dove costringono ad odiarci
ma nei Libri
siamo tutti fratelli.
Quel primo di giugno
un fratello era a terra,
colpito dai proiettili
israeliani.
I camici bianchi
erano la nostra
unica armatura,
la vana illusione
di non essere sparati
e di credersi fratelli.
Fratelli miei,
non versate lacrime per ciò che io
ho reputato giusto.
Fatelo per chi diventa
carne da macello
di una guerra
senza fine.
Era il primo di giugno,
e sulla striscia di Gaza,
i militari israeliani
mi hanno sparata,
coprendo di rosso
il mio camice bianco
e forse
tutta l'umanità.
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